Valerio Berruti
Biografia
Valerio Berruti è nato ad Alba, in Piemonte, nel 1977. Laureato in Critica d’Arte al DAMS di Torino, lavora a Verduno (CN) in una chiesa sconsacrata che ha acquistato e ristrutturato nel 1995. Nel 2004 vince il Premio Celeste e il Premio Pagine Bianche d'Autore della Regione Piemonte, nel 2005 viene selezionato dall'International Studio and Curatorial Program di New York. Nel 2006 realizza l'installazione Se ci fosse la luna per Palazzo Bricherasio a Torino che presenta l'anno successivo sulla facciata di Palazzo Re Enzo a Bologna. Nel 2007 partecipa alla mostra collettiva Uniforms and costumes presso l'Herzliya Museum of Contemporary Art in Israele e al 48' October Salon di Belgrado, è selezionato per una delle residenze più importanti d’Europa, la Dena Foundation for Contemporary Art a Parigi, e ha inaugurato la mostra Micro-narratives - 48th October Salon, presso il Museo di Arte Contemporanea di Belgrado, curata da Lorand Heigij. Tra gli eventi internazionali del 2008 ricordiamo la mostra personale Magnificat alla Keumsan Gallery di Seoul, la collettiva Detour, presso il Centre Pompidou di Parigi. Nel 2009 espone la sua installazione E più non dimandare, alla Galleria Civica di Modena, nello stesso anno è il più giovane artista del Padiglione Italia della 53.Biennale di Venezia con la video-animazione: La figlia di Isacco, colonna sonora di Paolo Conte. Nel 2010 ha esposto Una Sola Moltitudine alla Fondazione Stelline di Milano e nel 2011 la sua personale Kizuna (con un video con le musiche appositamente realizzate dal maestro Ryuichi Sakamoto) era al Pola Museum di Tokyo. Nel settembre 2011 a Belgrado espone al City Museum, e l’installazione La rivoluzione terrestre, curata da Andrea Viliani, con musiche di Alessandro Mannarino, nella Chiesa di San Domenico ad Alba. Nel 2012 ha esposto la personale Udaka alla Nirox Foundation a Johannesburg, nel 2013 ha esposto allo Spazio NonostanteMarras di Milano, l’installazione Il momento in cui i nostri occhi si incontrano, a cura di Francesca Alfano Miglietti e, nelle Langhe la personale Dove il cielo s’attacca alla collina con testo di Angela Vettese. A ottobre 2013 la mostra Almost Blue a cura di 29 Arts in Progress è allo spazio Helutrans di Singapore. Nel 2014 realizza la copertina dell’ultimo libro di Andrea Bajani La vita non è in ordine alfabetico edito da Einaudi, presenta a Pietrasantala mostra Così sia; partecipa alla BiennaleItalia-Cina a Pechino, alle rassegne The Intuitionistal Drawing Center di New York , Resilienze 2.0 a Palazzo Saluzzo a Torino e al XX Premio Cairo con la video animazione Fermati, O Sole!.
P O S E
di Manuela Brevi
La nostra vita è fatta di gesti. Istintivi, minimi, essenziali. La maggior parte delle volte perfino impercettibili nella frenesia del nostro quotidiano. Un gesto vale mille parole, si dice. Forse perché lì dove i discorsi si fanno vacui, artificiali e leziosi, e la parola corre il rischio di essere distorta e banalizzata nei suoi contenuti, un gesto preserva l'autenticità e la carica espressiva che lo hanno fatto nascere.
Anche la pittura di Valerio Berruti, traducendo la vita, è fatta di gesti. La forza, nei suoi quadri, sta tutta in un accenno di movimento, in una posa appena pronunciata, nella transitorietà di uno sguardo o di una carezza. Le sue sagome di uomini, donne e bambini, immerse nel vuoto e nel silenzio, ricondotte all'essenzialità e alla potenza di un segno libero e quasi infantile, ci parlano di un mondo fatto di piccole e intime attenzioni, in cui il quotidiano si carica di significato, si fa sacro, e diventa il tramite per il compimento del nostro destino.
In queste figure anonime, esili e immateriali, si nascondono i corpi e i volti reali e quotidiani di madri, padri, figli e fratelli, legati, come lo siamo tutti noi, da una storia antica e ogni volta nuova, quella della propria famiglia. Una storia che ci appartiene e alla quale apparteniamo. Una storia di affetti, incomprensioni, di gioie e di dolori, dove i gesti nascono prima ancora dei pensieri e diventano comunicazione prima delle parole. Un braccio sopra la spalla o attorno alla vita, una mano sul volto, un cenno della testa, un semplice sguardo si caricano allora in queste immagini di un forte valore simbolico. Raccontano di noi.
Nel suo lavoro Berruti va alla ricerca di questi gesti. E lo fa rovistando tra le molte fotografie della sua storia familiare, di quella di parenti, amici e vicini di casa. In quelle reliquie moderne che sono i nostri album di famiglia. In quegli scatti realizzati spesso da mani frettolose e inesperte e in cui tutti posiamo per mettere in scena noi stessi e il nostro vissuto, in una continua necessità di rappresentare e di rappresentarsi.
Sono pose, dunque, e non persone, quelle immortalate nelle opere di Berruti. Pose che si ripetono, identiche eppure sempre commoventi, in ogni scatto e in ogni quadro, e che ci sanno mostrare, più di un volto, più di un ritratto realistico, la realtà delle persone. I particolari, il contesto, le individualità allora non contano più, il vero volto delle persone non conta più, perché nella messa in scena della quotidianità i codici rimangono immutati, nello spazio e nel tempo.
Valerio Berruti, lavorando sul proprio privato, ci offre la possibilità di ritrovare noi stessi e la nostra esperienza all'interno dell'opera. Veniamo chiamati in causa, e l'immagine torna a parlarci attraverso un linguaggio semplice, originario e diretto come quello del disegno. Così, anche la tecnica dell'affresco, tanto ricca di storia e tradizione, viene utilizzata dall'artista nel tentativo di tornare alle origini del nostro fare arte, pienamente italiano. A quell'arte che riempiva le pareti delle chiese per raccontare al popolo la gloriosa storia di cui faceva parte. A quell'arte che era prima di tutto comunicazione e dialogo, e che spesso rimaneva l'unica possibilità di conoscenza e coinvolgimento per la gente comune. L'opera di Berruti ricerca oggi la calma, la semplicità e la bellezza di quelle chiese e di quelle immagini - non a caso, egli stesso vive e lavora in una chiesa sconsacrata - per ripartire da questo dialogo, e per dimostrare che la pittura non ha ancora rinunciato a parlare al popolo attraverso le sue tante storie.