Milo Lockett
Nato nel 1967, Lockett esordisce nel mondo professionale come imprenditore nel campo tessile. Nel 2002 decide di chiudere la sua fabbrica di stampa su stoffa per dedicarsi interamente alla pittura: da allora si consacra completamente alla carriera artistica. Di formazione autodidatta, Lockett ha saputo infatti sviluppare nel tempo una marca stilistica e un’identità espressiva propria e particolarissima, che gli ha valso un enorme successo di pubblico e numerosi riconoscimenti e incarichi ufficiali.
Premiato nel 2006 quale “Artista rivelazione di ArteBA”, la Fiera dell’arte di Buenos Aires, ne è stato nel 2007, 2008 e 2009 l’esponente con più vendite in assoluto. Recentemente il Centro Cultural Rojas, uno dei più prestigiosi musei d’arte contemporanei della capitale agentina, gli ha dedicato ampio spazio consacrandolo tra i suoi più importanti rappresentanti.
Principale fonte di ispirazione sono stati per lui i lavori di alcuni artisti argentini, quali Jorge de la Vega, Adolfo Nigro, Romulo Macció ed Ernesto Deira, oltre naturalmente all’arte primitiva e le principali avanguardie storiche.
L’attivismo sociale è parte integrante dell’attività espressiva di Milo Lockett, e componente irrinunciabile del suo essere artista. Numerosi sono i progetti pubblici che lo vedono protagonista in varie zone dell’Argentina, con l’intento di diffondere il mezzo creativo quale veicolo di conoscenza ed educazione dello spirito di popolazioni povere e disagiate. Tra questi vale la pena ricordare Red Latinoamericana de Artistas (un progetto di attività con gli Aborigeni), La gira interminable (con bambini affetti dalla Sidrome di Down), Estampando geografías (un programma di creazione di spazi artistici per bambini del Nord Est argentino), Arte en tu lugar (iniziativa in collaborazione con l’associazione Mundo Invisible per diffondere l’arte presso realtà depresse e bisognose), Un minuto por mis Derechos, campagna sotto l’egida dell’Unicef così come La Revoluciòn de los niños, una proposta didattica che utilizza l’arte come veicolo pedagogico per istruire i bambini ai loro diritti.
L’impegno filantropico è un altro strumento con cui Lockett utilizza il proprio lavoro in senso programmatico: ogni anno dona infatti decine di sue opere in beneficenza per sostenere eventi in cui crede. Tra questi la creazione di un Ospedale Pediatrico nella sua città e il coinvolgimento in specifici programmi educativi per bambini e adolescenti non abbienti. L’attenzione al mondo dei giovani è dunque caratteristica del Lockett uomo e artista, e lo stile del suo vocabolario poetico ha saputo fare da collante alla concretizzazione di tali sinergie.
Molto attivo anche come muralista, Milo Lockett è presente con diversi interventi artistici in numerosi spazi pubblici urbani di Buenos Aires, Mar de Plata e Miami.
Oggi vive e lavora nella città natale di Resistencia (Argentina).
Esposizioni principali (selezione)
2013
Galleria Doppia V, Lugano
Galería Grillo Arte, Punta del Este
Los feos somos más, Centro Cultural Borges, Buenos Aires
Disculpe las molestias, Centro Cultural
San José, Olavarria
2012
Galería Grillo Arte, Punta del Este
Hipódromo de Palermo, Buenos Aires
Centro Cultural del Bicentenario, Santiago del Estero
Culturarte, Museo y Centro Cultural, Jujuy
Chaco en Buenos Aires, Casa de Chaco, Buenos Aires
Fiera Arte Espacio, San Isidro
Fiera Bada, Pilar
2011
Hotel Hilton Puerto Madero, Buenos Aires
Y la Plata?, Museo Provincial Emilio Pettoruti, La Plata
Galería Grillo Arte, Punta del Este
Museo de Arte Tigre, Tigre
Fiera Arte Espacio, San Isidro
2010
Galería Grillo Arte, Punta del Este
Espacio living, Unicenter, Buenos Aires
Fiera Arte Espacio, San Isidro
Fiera Expotrastiendas, Buenos Aires
2009
Galería Maman, Punta del Este
Estudio 24, Paraná, Entre Ríos
Espacio Arte Aeropuertos 2000, Buenos Aires e Bariloche
Espacio LMP, Galería San Felipe, Panamá
Museo de Medios de Comunicación, Chaco
ArteBa 2009, Buenos Aires
La Normandina, Mar del Plata
Sao Paulo International Art Fair, Sao Paulo
Milo Lockett, Felipe Giménez e Miguel Rep, Centro Cultural Recoleta, Buenos Aires
(collettiva)
Semana de Arte, Puerto Madero e San Telmo, Buenos Aires
ExpoArtistas 2009, Centro Cultural Borges, Buenos Aires
Galería Teresa Anchorena, Buenos Aires
(collettiva)
2008
Teatro Auditorium, Mar del Plata
Centro Cultural Borges, Buenos Aires
Consolato d’Argentina a New York
Hotel Faena, Buenos Aires
Galería Dávila , Córdoba
ArteBa 2008, Buenos Aires
Museo Provincial Bellas Artes J. R. Vidal,
Corrientes
Fay Gold Gallery, Atlanta
Galería Teresa Anchorena, Buenos Aires
2007
Museo de Arte Moderno, Mendoza
La Normandina, Mar del Plata
Museo Provincial de Bellas Artes J. R. Vidal, Corrientes
ArteBa 2007, Buenos Aires
Espacio de arte IMAGO, Fundación OSDE, Neuquén
Museo Bellas Artes René Brusau, Chaco
(collettiva)
Centro Cultural de Carlos Paz, Córdoba
(collettiva)
Salón de las Provincias del Palacio del
Congreso de la Nación, Buenos Aires
2006
Centro Cultural Recoleta, Buenos Aires
Centro Cultural Borges, Buenos Aires
Centro Cultural Contemporáneo,
Mendoza
ArteBa 2006, Buenos Aires
Museo Provincial de Bellas Artes J. R. Vidal, Corrientes
2005
Centro Cultural Borges, Buenos Aires
2004
Centro Cultural Nordeste, Resistencia, Chaco
Museo Bellas Artes René Brusau, Chaco.
Fiera Romero Tage, Amburgo (mostra
itinerante)
Beca TRAMA, Misiones
Fundación Banco del Chaco. (collettiva)
Interventi artistici in spazi pubblici
2013
Murales, Hospital Muñiz, Buenos Aires
Murales, Hospital P. Elizalde, Buenos Aires
2011
Murales, Fundación AVON, Buenos Aires
2009
Murales, La Normandina, Mar del Plata
(con Felipe Giménez)
Murales, Fiera del libro, Buenos Aires
(con Miguel Rep)
Murales, Hospital P. Elizalde, Buenos Aires
Murales, Escuela Julio D. Vedia, Chradai
2008
Murales per l’AMIA, Buenos Aires.
Interventi urbani in metropolitana, Miami
Cow Parade, Puerto Madero, Buenos Aires
2005
Murales, Universidad Popular de Resistencia, Chaco
2004
Murales, Hospital Pediátrico de Resistencia, Chaco
UNA GRANDE OCCASIONE
di Barbara Paltenghi Malacrida
I bambini si avvicinano curiosi. Hanno età e altezze diverse, ma la stessa bellissima faccia, incuriosita e ritrosa. Sono bambini di Mendoza, abitanti del deserto, proprietari di niente. Residenti in un mondo invisibile. Un giorno qualsiasi, un giorno come nessun altro, una lunga tela bianca viene stesa sul campo davanti alla scuola. L’uomo con la barba distribuisce loro pennelli e matite, mesce i colori in tanti bicchierini di plastica. E inizia a parlare il linguaggio che conosce meglio: traccia macroscopici segni su quel supporto fluente, impronte energiche e imperiose. E’ una lingua dalla sintassi elementare, diretta e primaria. E i bambini rispondono all’invito: accovacciati gli uni accanto agli altri come tante piccole api su un unico fiore riempiono il bianco dello sfondo fino a farlo scomparire. Infine, prendono per mano il loro ideogramma e lo scuotono al sole, come a fargli prendere vita.
Questo è quanto testimonia un video intenso e struggente dell’associazione Mundo Invisible, uno dei tanti progetti educativi a favore delle comunità argentine più emarginate.
L’uomo con la barba è Milo Lockett.
La premessa è necessaria: raccontare Lockett unicamente attraverso un’analisi delle sue opere e senza riferimenti alla sua intensa attività sociale e al ruolo che lui stesso ha conferito alla propria arte sarebbe creare un falso e lacunoso ritratto. Perchè ci sono Maestri che incollano l’essenza creativa a quella privata, senza soluzione di continuità; Maestri la cui identità si immedesima al gesto, come carta carbone all’originale; Maestri il cui impulso a generare incarna il senso primo e ultimo dell’esistenza. Sono visioni e scelte complesse, unilaterali ed esclusive.
E ci sono altri Maestri, quelli che regalano alla propria vita artistica una dimensione indipendente. La usano, la crescono, l’accompagnano come un parente caro cui badare. La fanno maturare e la conducono in percorsi autonomi e alternativi, misurandone i limiti e le potenzialità giorno per giorno.
Milo Lockett appartiene a questa filosofia di pensiero: ha trasformato il proprio talento in un veicolo con motori possenti da guidare su strade parallele, ha scisso l’attitudine creativa in due finalità separate, in una riflessione antropologica sul conflitto sempre aperto tra raziocinio e istinto. Da un lato la soddisfazione estetica di un gesto individuale, catartico e necessario come ogni urgenza espressiva, dall’altro la funzione didattica dell’arte come strumento pragmatico di aggregazione, divulgazione e affermazione della dignità umana. Queste due entità esistenziali vivono di una continua reciprocità, condividono l’ambizione di un cambiamento, partecipano ai numerosi progetti di carattere sociale che Lockett conduce in varie zone dell’Argentina.
Se la curiosità è il vero motore del riscatto civile, Milo Lockett ha fatto di questa intuizione una seconda vita. E mi piace pensare a un filo diretto con l’illustre esempio, in Venezuela, del celebre musicista e accademico Josè Antonio Abreu. Ne condivide lo stesso spirito, lotta quotidianamente per la stessa utopia: l’arte come nuova prospettiva per moltissimi giovani senza un futuro. L’ambizione è considerare l’educazione poetica come un tassello necessario al pari di acqua, cibo, e corrente elettrica. Una componente fondamentale nella crescita di un’identità, un risarcimento morale all’ingiustizia e alla povertà. Con una sostanziale inversione di rotta lo sguardo non sale più dal piedistallo ma scende al sottoscala: l’arte diventa amica e compagna di giochi, un passatempo illustre, una scappatoia, una scommessa.
Una grande occasione.
Lockett ha iniziato la carriera artistica come autodidatta, raggiungendo subito un enorme successo di pubblico. L’impianto stilistico del suo linguaggio figurativo è intuitivo, divertente, diretto e piacevolissimo. Le iconografie ricondotte a forme geometriche semplici e morbide, la costruzione dell’immagine calibrata da linee nette e bordi spessi a contenere masse cromatiche senza sfumature, cartelle di colore pieno che è sintesi e carico formale.
La sua scrittura è un idioma che attua nell’esemplificazione del segno la concretizzazione di un’immediatezza della percezione che ben si adegua alla purezza di un pubblico non ancora contaminato dall’indigestione mediatica e visiva delle società piu evolute (e osservare alcuni prototipi di arte primitiva e tribale africana è esercizio particolarmente interessante ai fini della comprensione dei meccanismi semantici che governano tanta parte dell’estetica lockettiana). Lo strumento ideale, dunque, per comunicare al di là delle barriere sociali di appartenenza; un faro che illumina stanze vuote e disabitate e allarga orizzonti già compromessi.
Le analogie con gli esiti di un celebre artista “di strada” come Keith Haring vanno lette nello stesso senso: anche lo statunitense si era particolarmente impegnato politicamente per una diffusione capillare dell’arte attraverso canali pubblici di diffusione e lo stile pulito ed essenziale delle sue rappresentazioni (graffiti e tele) non faceva altro che sottostare alle finalità ideologiche del suo agire.
A livello tematico, perno della creazione di Lockett sono sempre le relazioni tra gli uomini. Non c’è intenzione di copia dal vero, tutto è immaginario, traslato, trasfigurato. Le grandi teste, i personaggi deformati grottescamente e altrettanto ironicamente ritagliati come sagome da cartoon non sono il punto d’arrivo di un discorso allegorico, ma l’approdo di una riflessione più ampia sul genere umano.
Nella galleria di ritratti, a figura intera e a mezzo busto, non c’è nessuna concessione al dettaglio fisiognomico, eppure somaticamente chiara è la volontà di differenziazione: apparteniamo tutti alla stessa famiglia, pur nella diversità. E se i corpi sono appena tratteggiati, i volti troneggiano e si stagliano su sfondi decorati con estrema minuzia.
Il debito al cubismo picassiano (si pensi al celebre Ritratto di Dora Maar del 1937) è evidente in moltissimi lavori di Lockett: vi ritroviamo, ad esempio, profili di volti che si (con)fondono in intersezioni e nuovi sottoinsiemi; contrasti cromatici acidi e accesi, gote sottolineate da forme circolari, occhi grandi e ciglia lunghe a sottolineare sguardi obliqui e distanti all’apparenza. L’assenza degli arti superiori e inferiori trasforma i corpi in busti rigidi e statici, piccoli Totem di derivazione scultorea le cui superfici verniciate lucide aumentano l’effetto tridimensionale. L’impianto estetico è sempre molto curato, l’impatto decorativo ricopre un ruolo primario nell’intera genesi di ogni opera: grafie impercettibili e continue, linee a raggiera dall’effetto optical, monocromie in antitesi con campiture divise in sezioni scrupolosamente ricolme in ogni centimetro disponibile.
Le storie sono debitrici alla tradizione del Murales (attività cui lo stesso Lockett si dedica con impegno e che oggi vede molte sue testimonianze in diversi spazi urbani di Buenos Aires) soprattutto nella struttura delle tele più complesse: il formato lungo e stretto, la fraseologia lineare e la struttura stilistico-didascalica dell’impianto compositivo, nel quale una moltitudine di personaggi affolla lo spazio come folla volutamente caotica.
Molto interessante è la concertazione dei rapporti tra le diverse figure, animali, oggetti, cose: siano essi parte di un’unica rappresentazione oppure inseriti in finestrelle accostate come gli oblò di una nave da crociera. I vari elementi dell’intera composizione si legano gli uni agli altri pur nell’assenza di un contatto esplicito e diretto. Nel semplice accostamento si creano connessioni di significato, rimandi e appartenenze.
Il Murales è arte pubblica per eccellenza, Lockett ha plasmato il suo agire creativo nella stessa direzione. Globalizzandone il concetto altruistico, ha attribuito una connotazione popolare a un’attività esclusiva e solitamente rinchiusa nei confini di un intimo sentire. Dalla contemplazione all’educazione collettiva, in uno spazio quanto più ampio e aperto possibile.
Dove lasciar filtrare l’avvenire, tanti piccoli raggi a illuminare un passo dopo l’altro.